Accogliere: un imperativo morale e un comandamento evangelico*
Questa riflessione esce nel periodo estivo, dove siamo tutti desiderosi di trovare un po’ di riposo, possibilmente con una vacanza rigenerante in qualche luogo accogliente e ben attrezzato.
Ma in queste settimane la cronaca ci continua a raccontare il dramma di centinaia e centinaia di persone che, prevalentemente via mare, cercano di raggiungere il continente europeo, lasciandosi alle spalle persecuzione, fame, molto spesso morte, morte sicura. Questa infatti è l’unica spiegazione per comprendere come sia possibile che intere famiglie, con tanto di bimbi piccoli e donne gestanti, vogliano tentare viaggi impossibili, affrontando rischi così grandi. Anche loro in fondo cercano un luogo accogliente, desiderosi di poter “trovare pace”, perché là dove stavano non potevano trovarne.
A tutto questo fa da contorno il continuo dibattito, se così si può chiamare, di coloro che sulla pelle di queste persone disperate, discutono sulla convenienza e l’opportunità dell’accoglienza, agitando i fantasmi di malattie, terrorismo, disoccupazione, facendo leva sulla paura e la scarsa conoscenza di questo fenomeno. È certamente vero che si tratta di un problema molto grave e che la gestione di flussi così massicci chiede la collaborazione di tutti e una seria riflessione sulle cause di quello che, anche rispetto a epoche storiche precedenti, è un movimento migratorio imponente e costante.
Non si tratta però di una emergenza, come continuamente si tende a dire, ma di un fenomeno stabile, che perdurerà nel tempo e che porterà nei prossimi anni a ridisegnare, almeno in parte, l’identità etnica delle nostre terre. Ma proprio per questo è importante che ciascuno faccia la propria parte: le istituzioni, i cittadini, la comunità ecclesiale ed è questo il motivo per cui anche noi come Sacra Famiglia, abbiamo deciso di raccogliere il grido e insieme la richiesta che ci ha raggiunto in questi ultimi anni, quella cioè di accogliere i migranti presso le nostre strutture.
Nelle nostre sedi di Cesano Boscone, Lecco e Verbania abbiamo aperto le porte a cittadini stranieri che, attraverso i canali istituzionali, sono entrati nei vari percorsi di accoglienza, in vista di una possibile integrazione nel nostro paese; al termine del 2016 erano in totale oltre duecento le persone accolte presso di noi. Ancora in queste settimane il Prefetto di Milano ci ha espressamente chiesto la disponibilità ad accogliere ancora qualcuno, proprio a causa della necessità crescente.
Sentiamo però che tutto questo non viene solo da una grave urgenza, che molti sentono come un imperativo morale, per noi si tratta anche, o forse prima di tutto, di un comandamento evangelico, un valore su cui si gioca la nostra fede: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato....” (Mt 25, 35).
Ci è chiesto dunque di riconoscere la presenza stessa del Signore in tutti coloro che si trovano nel bisogno e nella necessità, senza prima fare una indagine o un processo per capire se il bisogno viene da errori personali o cause sociali: chi ha fame o ha sete, chi è costretto a fuggire si trova in una condizione di necessità e in un certo senso di fragilità. Questo è un motivo sufficiente per aprirsi all’accoglienza.
Ma è proprio su questo tema della fragilità che come Sacra Famiglia da sempre siamo attenti a rispondere a chi non ce la fa da solo, ed è per questo che, nonostante l’accoglienza dei profughi non abbia fatto parte nel passato del nostro bagaglio di esperienza, ci siamo attrezzati e abbiamo imparato anche ad accogliere questo nuovo genere di fragilità. Si tratta di una esperienza di grande ricchezza e di vicinanza, di “contaminazione”, dove non ci si limita a dare ma ci si trova anche a ricevere molto.
Questa accoglienza è andata crescendo, avendo riconosciuto che il rimanere in ascolto dei bisogni, rende la Sacra Famiglia sempre più capace di crescere e di rinnovarsi. Riteniamo infatti che sia questa la strada per rimanere fedeli all’intuizione iniziale di mons. Domenico Pogliani, che ha voluto aprire anzitutto le porte di casa sua a chi aveva bisogno, ed ha sognato fin da allora una realtà capace di fare spazio e di accogliere gli ultimi e i più dimenticati.
Noi siamo oggi coloro che hanno raccolto il suo testimone, una eredità morale e spirituale e che, dopo aver celebrato lo scorso anno il 120° di fondazione, non ci accontentiamo di guardare al passato ma vogliamo guardare avanti, raccogliendo le sfide del presente. Quella dei migranti ci sembra oggi una frontiera sulla quale restare in ascolto e, per quanto ci è possibile, portare il nostro contributo e offrire la nostra competenza e il nostro impegno.
*di Don Marco Bove - Presidente di Fondazione Sacra Famiglia